Salame cotto e crudo di Sassello
Siccome del maiale non si buttava via nulla, un tempo nel salame cotto di Sassello, così come...
Conosciute da sempre, un tempo le fave Larghe di Leonforte erano diffusissime: si coltivavano in rotazione con il frumento. Servivano per arricchire il terreno di azoto e poi erano (e sono ancora) un ingrediente cardine della cucina leonfortese.
La coltivazione è ancora oggi completamente manuale. Tra novembre e dicembre si preparano i solchi, si depongono i semi a postarella (a gruppi) e si ricoprono di terra. Poi si zappetta per togliere l'erba e si accuccia (si aggiunge terreno attorno alle piantine). Quando le piante incominciano ad avvizzire si falciano, si fanno essiccare in piccoli covoni (manate di favi) e si battono nell'aia (una volta si calpestavano con gli animali).
Per separare la furba (i resti di fogli e fusti) dal seme si buttano in aria, con un tridente.
Le più piccole si danno agli animali; le più grandi si vendono ai commercianti. Il prezzo oscilla - nel '99, ad esempio, i contadini hanno preso poco meno di 2000 lire al chilogrammo - e non è mai abbastanza remunerativo per una coltivazione così laboriosa. Così ogni anno i campi di fave si riducono.
Per questo è nato un Presidio, per valorizzare questa terra - un'oasi verde nel cuore della campagna arida ennese - attraverso i suoi due prodotti simbolo: le fave, appunto, e le pesche tardive. È in fase di realizzazione un disciplinare di produzione e l'obiettivo prossimo futuro è la costituzione di un consorzio di produttori.
Presidio sostenuto da
Regione Siciliana Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste
Responsabili del Presidio
Pippo Privitera, tel. 335 8455507 - pippopri@tin.it
Salvatore Manna, tel. 0935 904655 - 328 4206055 - soat48@regione.sicilia.it
Zone di produzione: Comuni di Leonforte, Assoro, Nissoria, Enna, Calascibetta (provincia di Enna).
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a Roma Nord, nel cuore del Fleming
18.30 - 20.300
Classificazione:
Le fave Larghe sono buone e cucivuli, dicono in paese, ovvero cuociono facilmente e non vanno tenute a lungo in ammollo (come gli altri legumi).
A fine marzo ci sono quelle verdi, appena raccolte: si bagnano nel sale con le cipollette e si mangiano con il formaggio pecorino (favaiana e cipuddetti) oppure si cucina la frittedda facendole soffriggere in olio extravergine con pancetta e cipolle e poi cuocere a fuoco lento. Quando sono secche si può preparare la pasta ccu' i favi a du' munni, la frascatula (una polenta con finocchietti selvatici e farina di fave abbrustolite e di ceci). Chi fa ancora il pane in casa, dopo averlo sfornato, calia (tosta) un po' di fave secche finché la buccia diventa rossiccia: i favi caliati si sgranocchiano di tanto in tanto, come le patatine. E poi tutti quanti mangiano fave lessate con erbe, aromi e spezie oppure cotte in umido a lungo e profumate con erbe selvatiche (a seconda della ricetta si chiamano favi 'ngriddi, favi pizzicati, maccu, favi vugghiuti e così via).
DOP = Denominazione di origine Protetta
IGP = Indicazione Geografica Protetta
STG = Specialità Tradizionale Garantita
Descrizioni ed informazioni tratte da Slowfood, Qualivita, Agraria.org