Caratteristiche e dettagli

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L’albero sembra un arancio, ma i rami sono molto spinosi. I frutti sono stranissimi, grandi come e più di un pompelmo - possono pesare anche 700 grammi - di colore giallo intenso e con la buccia spessa, granulosa, anzi si può dire bitorzoluta, costoluta. Si direbbe il risultato di un qualche esperimento di biogenetica mal riuscito. Invece no: la pompìa esiste già da oltre due secoli, cresce solo in Sardegna, in un’area della Baronia che gravita intorno al comune di Siniscola. Cresce spontanea nelle macchie e negli agrumeti ed è arrivata sino a oggi perché è la materia prima fondamentale di alcuni dolci tradizionali di Siniscola. Della pompìa si usa solo la scorza per fare liquori, oppure la parte bianca sotto la scorza per fare le aranzate e una specie di canditi casalinghi: la polpa, e quindi il succo, sono troppo acidi, molto di più del limone. Impensabile quindi il consumo fresco, a spicchi, o sotto forma di spremute. Le sue origini sono misteriose: da alcuni è ritenuta un cedro ma molti caratteri, sia dell’albero che del frutto, non corrispondono alla specie. Molto probabilmente è un ibrido naturale sviluppatosi da incroci tra agrumi locali. Il territorio di Siniscola è parte dell’area agrumicola sarda che va da Budoni a Orosei, dove nei secoli sono state coltivate moltissime varietà di cedro, arancio e limone. E’proprio tra i testi di appassionati di agronomia e botanica del Settecento, in particolare in un saggio sulla biodiversità vegetale e animale della Sardegna di Andrea Manca dell’Arca, pubblicato nel 1780, che si trova la prima citazione della pompìa. Più o meno negli stessi anni, nel 1760, una statistica redatta per ordine del Viceré registra alcune coltivazioni di pompìa a Milis, nell’Oristanese.
Oggi gli alberi di pompìa crescono sporadicamente qua e là nelle campagne della Baronia. Gli agricoltori della zona hanno alcuni alberi soprattutto per il consumo famigliare, solo due di loro coltivano veri e propri agrumeti e vendono le pompìe alle poche pasticcerie e ai ristoranti di Siniscola che producono dolci tradizionali. Il comune di Siniscola ha avviato di recente un campo sperimentale di 500 alberi. Tutte le coltivazioni sono assolutamente naturali: l’albero di pompìa è molto rustico e resistente, raramente si ammala. La raccolta è manuale e avviene a partire dalla metà di novembre fino a gennaio. Il Presidio ha riunito i coltivatori, i pasticceri e i ristoranti di Siniscola: l’obiettivo è far conoscere questo agrume singolare anche al di fuori del ristretto mercato locale e fare ricerca per individuare nuove possibilità di trasformazione e impiego dei frutti.

Presidio sostenuto da
Comune di Siniscola, con il patrocinio dell'Assessorato all'Agricoltura e alla Riforma Agropastorale della Regione Autonoma della Sardegna, Villaggio delle Imprese Progetto Equal Innovazione e Tradizione
Responsabili del Presidio
Gianpiero Lapia, tel. 328 7281889 - gplapia@tiscali.it
Francesca Pau, tel. Tel. 0784 878762 - 349 1243528 - panecarasatupau@tiscali.it

Zone di produzione:  Comune di Siniscola, area costiera della Baronia (provincia di Nuoro)

Classificazione: 

I dolci di pompìa hanno tempi di lavorazione lunghissimi. Almeno sei ore di tempo, da quando si gratta via la scorza del frutto e lo si libera dalla polpa molto amara, cercando accuratamente di non danneggiare o rompere la parte bianca sottostante. Al termine non rimane che una sorta di palloncino vuoto che viene prima lessato, poi immerso nel miele millefiori e posto in una teglia a sobbollire per circa tre ore. Al termine si fa raffreddare e si pone su un piattino: sa pompìa intrea è pronta. Qualcuno la riempie di mandorle tritate, il nome del dolce in questo caso è sa pompìa prena. Con la pompìa candita, a filetti, si prepara anche s’aranzata: una torta composta di pezzetti di pompìa, mandorle, ancora miele millefiori e piccoli confettini colorati (sa trazea).

DOP = Denominazione di origine Protetta
IGP = Indicazione Geografica Protetta
STG = Specialità Tradizionale Garantita

Descrizioni ed informazioni tratte da Slowfood, Qualivita, Agraria.org

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