Zerarìa
Tipica dell'entroterra del Ponente ligure dove si preparava durante il periodo natalizio. Piatto ela...
È piccola e molto saporita: una minuscola lenticchia di pochi millimetri di diametro, globosa e di colore scuro, marrone-violaceo. Cresce oltre i mille metri di altitudine solo sulle pendici del Gran Sasso, nei territori incontaminati del Parco Nazionale. Alcune coltivazioni si spingono fino a 1600 metri, ma è intorno ai 1200 che danno i risultati migliori. Non si tratta di una lenticchia qualsiasi ma di un biotipo preciso selezionatosi in questa zona da tempi immemori. Basti pensare che le coltivazioni di legumi, e in particolare di lenticchie, in questa zona dell’Aquilano sono già citate in documenti monastici dell’anno 998. Qui ha trovato un habitat ideale, fatto di inverni lunghi e rigidi - al termine dei quali, alla fine di marzo, si seminano le lenticchie - e di primavere brevi e fresche. I terreni poveri di montagna (calcarei) sono perfetti per le lenticchie, che non richiedono nemmeno grandi concimazioni. Diventano invece legumi impegnativi al momento della raccolta, che avviene tra la fine di luglio e la fine di agosto. Le lenticchie maturano in modo scalare e anche in tempi diversi, a secondo l’altitudine del campo. A volte trascorrono 15 giorni tra la falciatura, quasi sempre manuale, e la battitura: le piantine falciate, se lasciate sul campo - prima accumulate in piccoli covoni e poi ammassate sotto la protezione di un telo - nutrono comunque i semi portandoli a maturazione. Spesso non è possibile usare la mietitrebbia, perché i campi sono in zone impervie ma soprattutto perché i legumi si sviluppano vicino al terreno e con la raccolta meccanizzata le perdite potrebbero arrivare al 30-40% del raccolto. Insomma, la raccolta avviene ancora come mille anni fa ed è molto faticosa. I produttori sono in prevalenza anziani e perlopiù coltivano un poco di lenticchie per il consumo familiare. Le quantità ottenute sono limitate e diminuiscono ogni anno, il tutto aggravato dal proliferare di un mercato di false lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, che avvilisce i produttori locali. L’obiettivo del Presidio, che sposa un progetto già avviato negli anni passati dal Parco e dall’Arssa, è riunirli in un’associazione per arrivare a un’etichettatura e a un controllo del raccolto, al fine di garantire il consumatore da eventuali frodi. Ma soprattutto aumentare le coltivazioni, per offrire un’opportunità di sviluppo e una possibilità per i giovani di rimanere su un territorio straordinario.
Presidio sostenuto da
Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, Provincia di L&rsquo
Aquila, Comunità
Montana Campo Imperatore-Piana di Navelli, Comuni di Barisciano, Calascio, Castel del Monte, Castelvecchio Calvisio e Santo Stefano di Sessanio
Responsabili del Presidio
Silvia De Paulis, tel. 0862 60521 - silviadepaulis@gransassolagapark.it
Donato Domenico Silveri (Arssa Abruzzo), tel. 0864 33332 - silverid@arssa-mail.it
Zone di produzione: Comuni di Santo Stefano di Sessanio e alcune aree dei comuni limitrofi: Barisciano, Calascio, Castel del Monte, Castelvecchio Calvisio (provincia di L’Aquila).
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a Roma Nord, nel cuore del Fleming
18.30 - 20.300
Classificazione:
Per le loro piccolissime dimensioni e l'estrema permeabilità, le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio non hanno bisogno di alcun ammollo preliminare. Sono straordinariamente saporite e il modo migliore per apprezzarle è una zuppa molto semplice: bisogna coprirle con acqua e aggiungere spicchi d'aglio scamiciati, qualche foglia di alloro, sale, olio extravergine e portare quindi a leggera ebollizione, a pentola chiusa. Dopo una ventina di minuti o poco più, le lenticchie saranno cotte. La zuppa deve essere servita con fette di pane bruscato, completando con un generoso "giro" di un buon olio extravergine d'oliva locale di Capestrano-Ofena.
DOP = Denominazione di origine Protetta
IGP = Indicazione Geografica Protetta
STG = Specialità Tradizionale Garantita
Descrizioni ed informazioni tratte da Slowfood, Qualivita, Agraria.org