Caratteristiche e dettagli

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Si tratta di una piccolissima produzione: in tutto si arriva a circa 60 quintali. Una cifra irrisoria rispetto, ad esempio, alle 50 mila tonnellate annue di trote che si allevano in Italia o alle 1800 di pesce gatto.
Parente di carpa, barbo, cavedano e arborella, la tinca dalla forma gibbosa e dalla livrea dorata – detta appunto “gobba dorata” – è allevata da sempre negli stagni del pianalto di Poirino. In quest’area, ai confini tra le province di Torino, Cuneo e Asti, esistono numerosi laghetti artificiali già dal XIII secolo. Qui, un tempo, ogni famiglia contadina aveva una peschera o una tampa – così si chiamano nel dialetto locale gli stagni adibiti ad abbeveratoio per gli animali o a serbatoio per l’irrigazione – e vi teneva le tinche per il proprio fabbisogno. La pesca si pratica nei mesi più caldi: in passato coincideva con il periodo della mietitura del grano, ma oggi le tinche si “raccolgono” da aprile a ottobre, ad almeno un anno dalla nascita.
Degli oltre 300 laghetti presenti nella zona del pianalto di Poirino, ne sono rimasti in attività ormai poco più di 100. Benché il valore commerciale di questo pesce autoctono sia alto, l’allevamento della tinca è in crisi. Dagli anni sessanta sono state abbandonate le attività agricole e zootecniche di cui l’allevamento della tinca costituiva un’integrazione.
Il Presidio ha avviato una collaborazione con il Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Torino per offrire assistenza agli allevatori di tinche e ha messo a punto un disciplinare di allevamento.

Presidio Sostenuto da
Provincia di Torino, Comune di Poirino
Responsabile del Presidio
Leonardo Azzi vigilanza@comune.poirino.to.it

Zone di produzione:  Comuni del Pianalto di Poirino (province di Torino, Cuneo e Asti)

Classificazione: 

Morbide, saporite e senza quel sapore di terra (nita) che spesso caratterizza i prodotti di minore qualità, le tinche del Presidio sono protagoniste della cucina tipica roerina.
Se vi capita di passare dalle parti di Poirino o nel Roero, non perdete l’occasione di assaggiarle: molti ristoranti della zona le servono abitualmente. La ricetta classica le vuole fritte e poi marinate in un’emulsione di aceto, vino bianco ed erbe aromatiche: è il classico carpione piemontese, da mangiare freddo come piatto estivo. Ma meglio ancora ne scoprirete la finezza se le gusterete leggermente infarinate e fritte in olio bollente. Accompagnatele con un bicchiere di arneis del Roero.

DOP = Denominazione di origine Protetta
IGP = Indicazione Geografica Protetta
STG = Specialità Tradizionale Garantita

Descrizioni ed informazioni tratte da Slowfood, Qualivita, Agraria.org

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