VITIGNI AUTOCTONI ED ALLOCTONI

Nebbiolo

Cenni storici e caratteristiche del vitigno

PIEMONTE

i vitigni autoctoni

Di certo il più antico e nobile vitigno a bacca rossa del Piemonte, forse d’Italia.

Già, Columella, scrittore romano del I secolo d.C., autore del più completo trattato sull’agricoltura dell’antichità, il De re rustica, definiva il vitigno nebbiolo come “grappoli di uva nera che danno vino da località fredde” dal sapore di pece, intendendo forse con località fredde proprio le nostre zone.

Le prime notizie di uva “nibiol” risalgono ad uno scritto del 1268, come vitigno coltivato in quel di Rivoli. Il fattore della castellania di Rivoli segnala la produzione di trecento sestari di vino che provengono dalle vigne de nibiol.

La testimonianza più antica in terra albese risale al 1292: in un contratto d’affitto di un terreno sito nel territorio di Alba, in località “tra i due ponti”, tra gli obblighi per l’affittuario anche quello di piantare “filagnos de vitibus neblorii”.

Una tra le più antiche testimonianze della presenza di tale vitigno nell’Astigiano si può leggere in un testamento del 1295 con cui Tommaso Asinari lascia in eredità alla moglie quattro bottalli di vino puro delle sue vigne di Camerano: “duos de nebiolo et duos de nostrali”.

Altre attestazioni parlano di un’”uva nubiola” coltivata sempre nell’Astigiano nel 1324, a Pinerolo nel 1428, in Valle d’Aosta e in Valtellina.

Nel 1303, un tal Guglielmo Bayamondo, per l’affitto annuale di un terreno a Canale, deve ai Conti Roero due carrate di vino, una “de bono, puro vino moscatello” e l’altra “de bono, puro vino nebiolio”

Sono poi gli statuti comunali, i contratti agrari e gli atti giuridici, le fonti che mostrano la presenza o meno di alcuni vitigni nel medioevo piemontese.

Frequenti erano i casi di multe salate inflitte a chi veniva sorpreso a danneggiare il vigneto altrui.

A Chieri, per esempio, il 10 maggio del 1329 il Consiglio Comunale giudicò il caso del taglio doloso di 82 viti di Nebbiolo, il colpevole fu condannato alla multa di 5 lire per pianta. Era una somma molto alta. La gravità delle punizioni, minacciate o imposte, dimostra che il danneggiamento dei vigneti altrui era, non solo un reato di valenza economica, ma anche una grave offesa alle istituzioni sociali.

Il Nebbiolo appare ampiamente diffuso in Piemonte nel Medioevo e i documenti mostrano una strenua volontà di proteggere la sua coltivazione, già considerata preziosa per quei tempi.

Altre segnalazioni di produzione del Nebbiolo si hanno a Canale e Moncalieri nel 1303, a Chieri nel 1311, a Moretta nel 1324. A Bricherasio nel 1328 il principe di Savoia fa piantare una vigna nuova con “vites de nubiolio” importate da Campiglione.

Da queste prime dislocazioni in terre, dove le difficoltà di coltivazione sono notevoli, si capisce bene come il Nebbiolo sia un vitigno rustico, che bene è riuscito a sopportato il travaglio dei secoli, per giungere integro fino ai nostri giorni.

Con l’inizio del ‘300 se hanno notizie più precise grazie alla famosa opera del bolognese Pier de’ Crescenzi Liber ruralium commodorum, che per la prima volta lo descrive in modo completo ed esauriente, definendo quest’uva “meravigliosamente vinosa” amante dei sorì e della terra “grassa e molto letaminata” e che “fa ottimo vino e da serbare e potente molto, e non dee stare ne’ graspi oltre un dì o due”.

Scrisse poi che questa era “molto lodata nella città di Asti e in quelle parti”.

La prima attestazione storica nell’area che sarà poi vocata alla produzione del vino Barolo, il Nebbiolo la trova negli Statuti quattrocenteschi di La Morra.

Nel 1511 lo si trova citato come un vitigno “prezioso e da proteggere”.

Addirittura, unico caso in tutta la zona, gli Statuti lamorresi prevedevano l’impiccagione per chi si fosse reso colpevole della rovina di più di quindici viti nelle proprietà altrui. Ma quindici viti bastavano al malcapitato trasgressore per fargli meritare la pena del pagamento di un ducato d’oro per ogni vite, o ancora, nel caso di insolvenza, il taglio della mano destra, la fustigazione “per terram Murram” ed il perpetuo esilio.

La severità enorme delle pene inflitte ci permette di comprendere quanto la vite fosse diventata di importanza fondamentale nel panorama economico e culturale di una comunità, che in certe casi poneva le basi della propria sussistenza proprio sul vigneto

Anche il fatto che sia l’unico di cui sia quasi sempre specificata la varietà, sta a significare che era ritenuto già per quei tempi un vitigno molto prestigioso.

La grande diffusione in buona parte del Piemonte fa pensare che la conoscenza di questo vitigno sia di molto precedente alle sue attestazioni scritte.

Anche nel famoso trattato di Giovanni Battista Croce, gioielliere di casa Savoia, Della eccellenza e diversità dei vini che nella Montagna di Torino di fanno e del modo di farli, del 1606, si parla con cognizione di causa di Nebbiolo. Tra le altre cose, si parla delle preferenze della nobiltà piemontese di allora in fatto di vino. Per produrre un buon vino, è fondamentale la scelta delle uve e il vitigno che risulta essere preferito è ancora una volta il Nebbiolo, “poiché fa un vino generoso, gagliardo e dolce ancora… qual lungamente e bene si conserva”.

Nel 1600 tra le uve nere “più eccellenti” la migliore è il Nebiol, ampiamente diffusa in quest’epoca. Sempre Croce, nella breve descrizione che fornisce di questo vitigno, ne pone l’etimologia, e fa derivare Nebiol dall’aggettivo “nobile” per trasposizione di lettere. Croce spiega l’affinità con nobile per il fatto che dal Nebiol si ricava un vino generoso, gagliardo e dolce.

In virtù della stima che il Croce godeva presso casa Savoia, è lecito pensare che le sue considerazioni abbiano influito sui gusti della corte, creando le premesse favorevoli per l’interesse che in futuro i Savoia dedicheranno al Nebbiolo.

Un elenco dei vitigni che all’inizio dell’800 erano coltivati nel Piemonte dominato dai Francesi, fu compilato dalla Società di Agricoltura di Torino su ordine del generale francese Charbonnière, allora amministratore generale della 27° divisione militare, che il 26 gennaio 1803 aveva ricevuto dal chimico francese Jean A. C. Chaptal la richiesta delle barbatelle delle viti coltivate in Piemonte, per compilare una collezione ampelografica completa di tutte le varietà coltivate nei dipartimenti francesi da allestire in seguito a Parigi.

Questa collezione prese il nome di Pepinière Nazionale du Luxembourg.

Fra tutti i vitigni segnalati solo cinque secondo la Società di Agricoltura davano vini pregiati: il Nebbiolo, il Barbera, la Malvasia, il Moscato e la Passeretta.
Intensamente coltivato nelle Langhe e nel Roero in provincia di Cuneo, in Canavese e soprattutto nel comune di Carema in provincia di Torino, oltre che nel Biellese, nell'Alto Vercellese e Novarese. È presente anche nell'Astigiano. Al di fuori del Piemonte è ampiamente diffuso nella Bassa Valle d'Aosta, ancor più in Valtellina e presente in Franciacorta.
Denominato anche Spanna (Novarese e Vercellese), Picotèner o Picotendro (Valle d'Aosta e Alto Canavese), Prunent (Val d'Ossola), Chiavennasca, Chiavennascone e Chiavennaschino (Valtellina). Le denominazioni Nebbiolo Lampia, Rosè, Michet si riferiscono alle principali sottovarietà del Nebbiolo in area albese. Il Pignolo reperito a Barbaresco è identico al Nebbiolo.

Altre informazioni: A maturazione completa i vini di Nebbiolo presentano al profumo note fruttate accompagnate da quelle di fiori secchi, di spezie, talora di catrame; al gusto la tannicità è moderata ed il corpo molto pronunciato. Generalmente viene vinificato in purezza (un tempo era tradizionale unirvi una piccola percentuale di Barbera).
Dalle sue uve si ottengono vini di corpo e struttura, che invecchiati per un periodo più o meno lungo, danno un ottimo risultato, infatti solo dopo molti anni il nebbiolo tende ad ammorbidirsi. I grandi vini come il Barolo e il Barbaresco sono ottenutii da queste uve che gli danno quella complessità ed eleganza tale da essere considerati tra i migliori vini al mondo.
Nelle zone delle colline novaresi e coste della sesia al vitigno nebbiolo vengono aggiunte altre specie, quali Vespolina, Croatina, Uva rara.
Infine si ha una sua utilizzazione anche per la produzione di novelli da macerazione carbonica.

E' possibile eseguire anche una ricerca in ordine alfabetico se non si è sicuri dell'origine di un vitigno in prticolare, oppure utilizzare questo modulo per inserire la parte iniziale del nome:

Le informazioni sulle origini e caratteristiche dei vitigni sono state tratte dalle seguenti fonti:

  • AA.VV. - I vigneti d'Italia, Edizioni Barzanti 1990
  • AA.VV. - Enciclopedia dei vini italiani, Arnoldo MOndadori Editore, Milano 1998
  • AA.VV. - Il vino italiano, Edizioni Associazione Italiana SOmmeliers, Milano 2002
  • Vino in rete - www.vinoinrete.it
  • Lavinum - www.lavinium.com

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